Io ho due passioni che si fondono nel mio lavoro: il design industriale e la progettazione per l’ospitalità, professionale e domestica, due mondi che amo perché sono l’espressione del profondo bisogno umano di realizzarsi attraverso l’ingegno e l’operosità e di esplorare e condividere le bellezze della vita.
Ma è anche il duro mondo dell’imprenditoria, dove non basta più fare buoni prodotti, ci vogliono idee che fanno la differenza, capaci di toccare le corde sensibili della gente, di capire quello che veramente serve, che non si trova quasi mai in ciò che già esiste. Trovare queste idee è il mio lavoro. Ma anche questo non basta, oggi anche il migliore dei prodotti è niente se non è canalizzato e comunicato bene.
Siamo pronti per confrontarci con questo nuovo, difficile scenario? Io si, e voi?
Massimo Mussapi

L'OSPITE O GLI OSPITI?
PENSIERI E PAROLE
Perché si dice sempre “l’ospite” o “Il cliente” dell’albergo, al singolare? Forse perché l’albergo ha un solo cliente? Spero proprio di no! Ma perché l’idea stereotipa è quella di un “cliente tipo” astratto, cioè che non esiste. E' una prospettiva deformante.
Proviamo con l’immaginazione a “scoperchiare” un piano dell’hotel con le camere: cosa vedremo? Tanti esseri umani separati appena da una sottile parete, tante “vite”, ognuna con una storia diversa, una diversa motivazione per essere lì, tanti individui indaffarati a fare questo o quello, famiglie, coppie variamente assortite, singoli, in viaggio per lavoro o vacanza o per chissà quali motivi famigliari, affetti, con quali preoccupazioni, aspettative. E ormai tutte le volte che percorro il corridoio per andare alla mia camera al tal numero, ormai non riesco a evitare di pensare che dietro quelle altre porte, a quegli altri numeri, c’è vita, tante vite, e questa inusuale prospettiva chissà perché la trovo così vera, molto di più di quel manichino chiamato “il cliente”.
E in effetti, l’albergo in fondo è proprio questa particolarissima condizione in cui tante persone si trovano a convivere temporaneamente e in modo volontario (a differenza da un ospedale, o caserma, o galera). E’ chiaro, si va in albergo perché si ha bisogno di un tetto sulla testa, un letto, un bagno, magari una colazione, non per fare un happening di gruppo, ma comunque non si può ignorare la pura realtà costituita da questa speciale situazione.
A che pro? Quali interessanti situazioni si potrebbero generare? Non lo so, ma penso che ci si debba ragionare sopra: di base si può contare sulla naturale curiosità umana verso gli altri umani (piuttosto inspiegabile, viste le continue delusioni che produce!) e chissà, potrebbe venirne fuori qualcosa che faccia dell’hotel un corpo vivo, meno ingessato, capace di innescare imprevedibili incontri fra persone, esperienze e culture diverse.














